venerdì 15 aprile 2016

Storie collettive

(Da oggi riprendo a scrivere qui e ho deciso di farlo in italiano, che dopotutto è la mia lingua. Di nuovo benvenuti!).

Wooden Tarot, Temperanza
Da bambina volevo conoscere le storie di tutte le cose, ero attratta dalle soglie, dai luoghi di confine dove polvere, oggetti e suoni strani prendevano dimora. Potevano essere soffitte, le faggete delle mie montagne, una vista sulla città al tramonto, un edificio cadente. Credo che sia così che ho iniziato a percorrere il sentiero della poesia, delle fiabe, dei tarocchi. Cercando il segreto oltre il visibile, provando a raggiungere l’anima del mondo.

Ho iniziato a leggere le carte verso i vent’anni, poi quando mi decisi a scrivere la mia tesi di storia delle religioni sull’opera poetica di William Butler Yeats, i tarocchi si caricarono per me di una potenza tutta particolare. Yeats li conosceva, li usava, li trasformava in poesie, ricercava la visione e le fate d’Irlanda. La Torre, La Luna, L’Eremita che alza da se stesso una lanterna, una luce tutta umana sotto gli astri, divennero emblemi familiari e riconoscevo il mio poeta quando incontravo La Stella, il buon auspicio, la notte illuminata che mi ricordava che ero protetta e piena di sogni.

Nel frattempo varie persone mi chiedevano letture divinatorie, ma questo mi creava sempre più problemi: non era il futuro, una risposta certa, ciò che io potevo offrire o ciò che cercavo per me stessa e non sapevo come spiegare che le carte mostrano possibilità e aspetti di noi, vanno nel profondo e non in avanti nei giorni a venire. È la lezione della Temperanza che dovevo apprendere: divenire il laboratorio alchemico delle mie conoscenze e dei miei desideri, portare chiunque fosse interessato dove le acque si confondono, il bene e il male luccicano l’uno nell’altro, il grande potere che abbiamo per le mani è il gioco del coraggio che non regala soluzioni, ma offre nuove prospettive.


il Tor di Glastonbury, un luogo speciale
Quando partii per l’Inghilterra per un progetto di ricerca universitaria, smisi di leggere i tarocchi. Presi i mazzi e li chiusi nel cassetto, “riposti, ma non dimenticati”, come suggerisce una fiaba di Hans Christian Andersen. Il tempo trascorreva. Completai il mio dottorato, iniziai a lavorare come ricercatrice. Poi, durante un viaggio a Glastonbury, mesi prima di trasferirmi con il mio compagno e i miei gatti sulle colline del Nord della Toscana, accadde qualcosa – vidi nella vetrina della libreria Speaking Tree  il mazzo Wildwood Tarot, dove abbondava un immaginario arcane e sciamanico, individui metà umani e metà cervo, cacciatrici di ombre dentro l’acqua, animali e compresi che stavo tornando a casa. Mi sentii proprio come Il Matto del mazzo: un piede sollevato, pronto a camminare sopra l’arcobaleno verso un bosco di mistero ed esperienza. Sapevo che non avrei commesso gli stessi errori – volevo lavorare con i tarocchi usandoli come il libro incantato che sono e condividendoli con gli altri. Ho sempre avuto sia grande curiosità che un debole per l’imprevedibile, quindi … perché non inventarmi un laboratorio di tarocchi e storie?  

Il mio primo laboratorio fu una sorpresa. Mi ritrovai con un gruppo di donne di varia età e provenienza, alcune di loro erano state visitate dalla perdita in tempi recenti, altre cercavano un approccio non convenzionale alla spiritualità e alla scoperta del sé. Lavorammo sulle immagini del Druidcraft Tarot, un mazzo celtico e druidico, buono per le attività di gruppo, perché chiaro e di grande formato. Le carte ci parlavano del nostro passato, ma anche di scenari nuovi e di invenzione, sebbene spesso l’invenzione non sia che un'altra forma del ricordo. Pensai che era proprio ciò che speravo: mostrare le carte per far emergere una storia sepolta che non può essere semplicemente accettata o detta così com’è. Deve mutarsi attraverso i simboli e l’immaginazione per acquisire un senso, per poterci stare accanto. 

Dall’autunno del 2013 conduco laboratori su base regolare e molto spesso coloro che frequentano sono donne: esploriamo mazzi diversi, li mescoliamo con gli oracoli, ci trasformiamo nelle Quattro Regine, ricostruiamo fiabe famose come quelle russe di Baba Jaga o Cappuccetto Rosso, creiamo le nostre stese personali, usando tutto ciò che ci colpisce – memorie infantili, la forma dei luoghi. So che funziona quando sento che non è più chiaro chi sia l'insegnante e chi la studentessa:  facciamo magia, rubando quello che possiamo per sopravvivere come succede nel Sette di Spade, affermando e godendoci il nostro potenziale come nel Nove di Pentacoli. Chiedo sempre a chi partecipa di permettere alle carte di cambiare nel tempo. Voglio dire: le carte non interagiscono con noi attraverso significati e strutture fisse. Anni fa probabilmente non sarei stata così attratta dal Sei di Spade come lo sono oggi. Ma poi sono diventata la persona sulla barca, sono diventata colei che doveva lasciare andare i cari morti, permettendo alla vita di fare ritorno anche se su una riva distante e inattesa.
Wooden Tarot

Ogni volta che prendo una carta guardo in uno specchio. Ogni volta che un’altra persona accetta di mostrarmi se stessa attraverso una carta, appare una chiave meravigliosa capace di aprire un portale anche dentro di me. Il messaggio alla fine è semplice: non avere paura, non sei sola finché possiamo dire la tua storia, la mia storia, insieme.